German ARCE ROSS. Milano, aprile 1986

Conferenza di German ARCE ROSS al Centro Studi di Psicoanalisi di Milano sotto il titolo « Angoscia e amore schizofrenogeno in Harold Searles », in aprile 1986, per invito del Direttore del Centro Studi, il Dottore Carlo Viganò.

Riferimento bibliografico : ARCE ROSS, German, « Angoscia e amore nella schizofrenia », Nouvelle psychopathologie et psychanalyse. PsychanalyseVideoBlog.com, Paris, 2012.

Angoscia e amore nella schizofrenia

Quadro di Miro alla rovescia: « Cifre e costellazione amorose di una donna », J. Miro, 1941.

La tematica e la posizione concettuale di Harold Searles sono le stesse degli altri teorici della Two Bodies’ Psychology che, come Winnicott e Balint, sono stati classificati da Paul Bercherie (1) nella misura in cui considerano che il cosmo dell’esperienza umana deve essere trovato nella relazione interduale immaginaria e non solamente nella relazione d’oggetto o nell’attività dell’io.

Harold Searles é innanzi tutto une psicoterapeuta di psicotici ed é su questo piano e da questa prospettiva che bisogna analizzare la sua teoria. La psicodinamica derivata da un tale lavoro clinico acquista tutto il suo significato quando é compresa nell’interazione degli elementi presenti nell’esperienza.

Cosi, la persona dell’analista o del terapeuta, le sue reazioni emozionali, i suoi meccanismi incoscienti che fremono per uscire alla superficie, i suoi sentimenti umani e non-umani in rapporto all’immagine dell’altro, le sue posizioni di fronte ai discorsi, all’azione o al fantasma del paziente, prendono un vivo interesse nello sviluppo del processo terapeutico, come dimostra la sua opera che tratta del contro-transfert (2). Questo interesse noi possiamo verificarlo anche in tutti i suoi articoli raccolti nei : Saggi sulla Schizofrenia (3), che sono stati scritti tra il 1951 e il 1964, nei quali si trova sempre una parte, in generale l’ultima, riservata alla discussione dei problemi che si sono presentati all’analista durante la relazione con il paziente.

Tuttavia, pensiamo che a volte Searles, o esageri nella presa in considerazione del « contro-transfert », o non abbia saputo liberarsi dagli attacchi incoscienti della sua analisi di formazione condotta dal Dr. Ernest E. Hadley.

Dalla lettura dei suoi lavori si puo molto facilmente estrarre la certezza che la sua grandissima motivazione per la cura degli psicotici provenga, principalmente, dai suoi problemi ancora non risolti, ed essi ci fanno pensare a qualche cosa di non terminato nell’analisi di questo analista didattico e supervisore all’Istituto Psicanalitico di Washington. Questa impressione é confermata da lui stesso molte volte nei suoi articoli ed anche nella prefazione e nell’introduzione degli « Scritti sulla Schizofrenia » :

1) « Nel periodo degli studi universitari provai un’angoscia cosi intensa… » (4)

2) « l nostri pazienti più gravi sono prevalentemente in sintonia con la guarigione dei nostri più primitivi, e quindi più importanti, settori danneggiati… » ( 5 )

3) « Ricordo che una volta, durante l’intervallo del pranzo, poco tempo do po la pubblicazione di tale saggio, (quello del 1951, sull«’Incorporazione«, ndr.) mi sentii oppresse da una depressione, di cui naturalmente non sapevo spiegarmi la causa. Poi improvvisamente ebbi la fantasia di fare dei buchi nel mie analista, di stracciare le pagine del saggio e di ficcargliele nelle ferite con selvaggio furore. Il mie sense di depressione scomparve instantaneamente. » (6)

4) « In seguito, quando questo lungo periodo fu giunto al termine, mi resi conto che nel mio rapporte con questa paziente i confini del mie Io erano diventati molto indistinti, al punta di sentirmi anch’io come lei irrimediabilmente intrappolato in sentimenti ambivalenti ; in un certo senso, mi ero calato anch’io completamente nella malattia della mia pazienteo » (7)

5) « …dopo aver sopportato questa situazione per molte sedute, dovendo fare uno sforzo eccezionale per riuscire a conservare la mia salute mentale,… » (8)

6) « …mi sentii assalito da un sense di confusione e di irrealtà… » (9)

7) « Mi resi conto improvvisamente, e la cosa sul momento mi fece sentire annichilito… » (10)

8) « …proprio come mi ero sentito distrutto io, durante la sua lettura in quella seduta. (…) Molte volte, analogamente, la vidi trionfante e soddisfatta dopo essere riuscita a scombussolarmi e a rendermi un poco insicuro con le caotiche verbalizzazioni dei suoi delirio » (11)

9) « Ho scoperto, con mie grande sgomento, la prova conclusiva della presenza in medi questo tratto caratteriale verso la fine della mia analisi personale (sono passati sette anni, al momento in cui scrivo) ; e ho dovuto constatare che tale tratto del mie carattere [Searles parle dello Sforzo di rendere l’altro pazzo] era operante non solo nei confronti di certuni dei pazienti che avevo interapia in quel momento, bensi nei confronti di tutti i miei pazienti e anche di innumerevoli altre persone : parenti, amici, conoscentio » (12)

La Relazione Simbiotica Schizofrenogena 

Tutto il lavoro di Harold Searles, nel corso dei suoi quindici anni presse la clinica di Chestnut Lodge, é realizzato con la ferma convinzione che l’espressione più degna dell’uomo, e tuttavia quella che lo fa a volte diventare inumano, sia l’espressione dell’amore; e che sia necessario rendere terapeutico il blocco, la difesa, la resistenza, l’ostacolo, che impediscono una tale espressione cosi importante,per poter arrivare a dei risultati soddisfacenti nella cura degli psicotici.

I sentimenti positivi e negativi che l’autore ricorda come costituenti una parte fondamentale nel rapporto incosciente delle psicotico con il suo mondo, s’ispirano a questo dato rilevante e a volte indissolubile che é l’angoscia amorosa. Secondo lui, quello che é considerato come negativo non é in generale che quello che é incoscientemente considerato positivo, non essendo tutte e due le istanze emozionali (quella negativa e quella positiva) che delle reazioni ad una mancanza totale o a una presenza troppo grande di questo potere quasi magico di rendere l’altro pazzo. Attivare questo potere vuol dire entrare anima e corpo in una interrelazione d’amore appassionato e reciproco che si afferma per una produzione immediata di plusvalore di una sofferenza sublime e di un terribile godimento, caratteri che mimetizzano l’oscura dimora dove si isola il soggetto non-barrato.

Per Searles, lo psicotico ama, ma non arriva a formulare nei codici sentimentali adattati o fedeli ai suoi impulsi, degli intensi elementi affettivi profondamente repressi. La tesi di Searles propone che il represso sia riempito di sentimenti positivi, un po’ troppo positivi perchè l’io li accetti. E allora, al posto del represso, l’ostilità e la distruzione vengono a galla come risposte reattive a un troppo amore che non puà esprimersi e sono accompagnate da potenti meccanismi incoscienti di diniego. La ritirata affettiva della madre come seguito quasi immediato a una manifestazione d’amore totale, crea nel bambino un’angoscia amorosa definita nel sentimento d’essere: « ricolmo di amore, ma privo di un oggetto su cui riversarlo » (13).

L’impossibilità di esprimere l’amore e la sua connessione con l’angoscia é il concetto cardine della ricerca di Searles. In questo modo,l’autore considera che l’amore materno può contenere uno sforzo incosciente per rendere l’altro pazzo e, in alcuni casi e a certe condizioni, questo tipo d’amore può avere il potere di destabilizzare psichicamente il bambino per l’angoscia che produce. E’ cosi che questa struttura amorosa nell’interazione madre-figlio sarà chiamata schizofrenogena o relazione simbiotica schizofrenogena. Risponde a una psicodinamica particolare caratterizzata da tre forze incoscienti che agiscono nella madre (14) : la paura dei propri sentimenti d’amore ; la svalorizzazione di se stessi; la scelta di un bambino particolare come oggetto di una relazione schizofrenogena.

In questo modo, per il nostro autore, la relazione simbiotica schizofrenogena implica una grande dose di angoscia amorosa che mantiene la spinta interpersonale e i suoi meccanismi di difesa, per la soddisfazione dei bisogni di dipendenza della madre e dei figlio.

Il concetto di simbiosi deriva, nel 1951, dall’osservazione degli stati autistici in cui il paziente sembra situarsi in un luogo dal quale l’esterno gli é inaccessibile ; perciò il modo di relazione con l’altro risponde a un meccanismo d’incorporazione mutuale. L’autistico avrebbe incorporato totalmente l’altro, e sarebbe esso stesso totalmente incorporato dall’altro. Nel 1955, Searles enuncia la simbiosi come uno stato utile e anche necessario per l’uso della tecnica terapeutica. Nel 1958, constata l’importanza della presenza incosciente del terapeuta per il paziente nella relazione terapeutica e considera, da allora, la relazione paziente terapeuta come simbiotica allo stesso modo del modello madre-bambino. Ma é solo con l’introduzione della nozione di simbiosi ambivalente nel transfert e della connesssione tra angoscia e simbiosi, che il concetto di simbiosi terapeutica diventerà operativo ; ciò avvenne nel 1959. Per Searles, la fine dell’analisi deve costituirsi, tra l’altro, tramite la risoluzione di una tale simbiosi, che é sempre applicata a un grade di estrema dipendenza.

La relazione simbiotica schizofrenogena dell’amore materno, o in generale semplicemente l’amore schizofrenogeno, é un tipo d’amore che, per esssere incosciente, represso, per avere dei caratteri d’ambivalenza ed essere in intima connessione con degli stati potenti di dipendenza, genera nell’interazione personale un’angoscia schizoide insopportabile, che provoca, con un effetto retroattivo, l’ambivalenza e l’interdipendenza verso l’oggetto d’amore (15). L’amore schizofrenogeno é l’amore che rende pazzi ed é, allo stesso tempo, il produttore e il prodotto dell’angoscia. E questo é il prodotto nel caso in cui sussista come difesa contro l’angoscia schizoide che lui stesso ha creato.

Cosi, secondo Searles, si puó cadere nella psicosi per il non potere uscire da una relazione simbiotica con una persona incoscientemente amata, che possiede un amore schizofrenogeno.

Dobbiamo indicare qui i due principali concetti che dall’analisi di Searles emergono verso la fine degli anni ’50: la forza incosciente del’amore represso nella costruzione delle interazioni schizofrenogene e la difesa contro l’angoscia shizoide causata dall’impossibilità d’espressione di un tale amore.

La Psicodinamica dell’Angoscia 

Negli amori schizofrenogeni, l’amante (la madre) si difende inconsciamente dal suo amore e provoca nell’interazione un’angoscia particolare che dirigerà i suoi scambi con l’amato (il bambino). Ma ci sembra che la teoria di Searles voglia mettere in evidenza, non soltanto la connessione tra l’amore represso e l’angoscia schizoide, ma anche un terzo elemento soggiacente alla psicodinamica dell’amore simbiotico schizofrenogeno: i bisogni di dipendenza e i loro rapporti con i sentimenti cosiddetti negativi dell’esperienza umana.

Nel 1956 (16), non abbiamo dall’autore un chiarimento della dinamica degli affetti d’angoscia di separazione e del dispiacere nella formazione del desiderio di vendetta, ma piuttosto una ripetizione pura e semplice della sua formula senza ulteriori spiegazioni; e inoltre abbiamo da parte sua un evidenziamento dell’implicazione della dipendenza. Searles non la commenta, ma ci sembra che sia per questa scappatoia che lasci intendere indirettamente la sua tesi, cioè che bisognerebbe comprendere il desiderio di vendetta tramite i bisogni di dipendenza.

Il desiderio di vendetta é definito come una forma di rifiuto della dipendenza dall’oggetto d’amore e si traduce in una difesa da tale dipendenza. E’ contro l’oggetto che ci rifiuta l’amore, contro quelle che frustra i nostri sentimenti e il nostro bisogno di dipendenza, che noi proviamo un desiderio di rappresaglia tale da dimostrare che noi non abbiamo bisogno di soffrire per lui, né per il suo enorme rifiuto e per l’ingratitudine verso i nostri sentimenti.

Se per Searles la vendetta é semplicemente il rifiuto della dipendenza, per noi questa comprensione é da trovare al contrario, se ci si spinge più lontano sullo stesso binario di pensiero. Perché se la vendetta é il rifiuto, il rigetto, il diniego del rifiuto d’amore e dell’indipendenza dell’Altro, sarebbe allora il rifiuto del rifiuto della dipendenza. Al contrario di Searles, per noi, il desiderio di vendetta sarebbe dunque posta piuttosto come difesa contro l’angoscia schizoide e contro l’amore represso implicando un sistema di rifiuto del rifiuto della dipendenza amorosa, che potrebbe essere espresso in questi termini: « no, non é che non ti amo, é che io non ho bisogno di te, e per mostrartelo io tento di farti soffrire ».

Da tutti i tratti che in Searles tentano di mostrare il processo della dipendenza, constatiamo che ce ne sono sia di conosciuti che di originali. Per esempio, l’importanza dell’identificazione e la questione dell’alienazione-liberazione-riscoperta duali nella relazione immaginaria, anche se non é stata trattata in questi termini, sono degli elementi già abbastanza esplorati da altri autori (Ferenczi,Balint, Strachey) . La megalomania e l’onnipotenza dello schizofrenico sono già state analizzate a proposito della fissazione nella fase primaria dello sviluppo libidinale ed erotico, e cio da Abraham in poi. Ma la novità di Searles consiste nella concettualizzazione triadica della connessione : amore represso-rifiuto di dipendenza-angoscia schizoide.

Harold Searles non é insensibile al rapporto che esiste tra affetto e angoscia e nel suo articolo del 1962 « Disprezzo, Disillusione e Adorazione nella Psicoterapia della Schizofrenia » (17), propone uno schema sullo sviluppo della psicodinamica delle reazioni affettive in relazione ai tipi di interazione simbiotica con l’altro. Questo schema di sviluppo, dunque, si stabilizza per mezzo di un ordine logico che va dall’adorazione al disprezzo, passando per il filtro necessario della disillusione amorosa e accompagna il processo di sviluppo delle fasi simbiotiche, pre-ambivalente e ambivalente, nell’acquisizione dell’autonomia e dell’indipendenza psicologiche.

Searles parte dall’ipotesi che i sentimenti positivi, l’amore e la dipendenza (in un certo senso), sono alla base di tutti i processi sia positivi che negativi. Da questo punto di vista, si trova teoricamente all’opposto della posizione kleiniana dato che, secondo Melanie Klein, l’amore e l’odio provengono tutti e due da un’angoscia schizoparanoide contro la quale l’Io si difende nella posizione depressiva. Per Searles, al contrario, l’angoscia e l’odio sono secondari rispetto all’amore e ciò che costituisce l’eziologia dell’angoscia é l’impossibilità di espressione dell’amore. In questo senso, il disprezzo, anche se rappresenta il momento posteriore a un processo di disillusione e quindi anche se é il rifiuto di un’adorazione primitiva e reciproca, deve essere considerato, secondo l’autore, come una forma d’espressione dell’amore e come positivo nella misura in cui rappresenta soprattutto un successo nella lotta contro l’angoscia e un passo avanti verso l’acquisizione dell’autonomia psicologica.

Questo modo di vedere il disprezzo non é senza interesse, per lo meno rispetto al rapporto con l’angoscia. Il disprezzo sarebbe una disillusione riuscita e quindi una soluzione, almeno parziale, deI problema intersoggettivo di conciliare i desideri di amare ed essere amati. Inoltre, sarebbe una prevenzione parziale della psicosi se si tiene conto che per Searles essa dipende da : « esperienze negative di disillusione » (18).

Ciò nonostante, la formulazione di Searles non tiene conto della carica narcisistica, immaginaria, speculare e carica d’« ambivalenza » deI concetto di disprezzo. Perché, se da una parte é un buon metodo contro l’angoscia amorosa, dall’altra esso non arriva a superare la lotta costante e latente tra l’amore e l’odio, o peggio, può scadere verso formazioni psicotiche, in particolare paranoiche, che ripetono nel reale o nel fantasma l’atto di abbandono, di rigetto, di rifiuto e di separazione, e che fanno deI soggetto un cieco dell’Altro. Pensiamo anche che il bisogno di autopunizione, per esempio, può, combinandosi con un disprezzo spinto all’estremo, rinforzare l’indifferenza amorosa verso l’altro sesso e limitare il soggetto o in dei sistemi di godimento perverso (gelosia, vendetta, omosessualità) o nello schema particolare della ricerca indefinita della perdita rinnovata dell’oggetto d’amore (melanconia).

Commenti sull’Amore e l’Angoscia 

Non si vedono nei testi di Searles delle analisi propriamente freudiane, molto per il contrario, non c’é in lui nessun riferimento sostanziale all’ Edipo, la posizione del padre non é per niente presa in considerazione e la relazione duale con la madre é sopravvalutata. Per Harold Searles, la comprensione e la cura delle psicosi dipendono dalla formulazione di una psicologia di relazioni tra il paziente e sua madre, o tra il paziente e quello che viene ad occupare il posto della madre schizofrenogena : l’analista.

Nella situazione amorosa, deve prodursi oltre al desiderio di esere amati, il « bisogno » o la « necessità » di esprimere o di manifestare tale desiderio, che non potrebbe restare molto tempo impedito di formularsi in domanda, senza il rischio di diventare una forza pericolosa contro il proprio soggetto. In questo senso, si potrebbe pensare che, come reazione ad una frustrazione (non di risposta ma per il solo fatto che non puó essere una domanda) il « potenziale » d’amore, questo grande desiderio di essere amati, potrebbe trasformarsi seguendo i tratti caratteristici della personalità e della biografia del soggetto. Questa sarebbe piuttosto un’idea di Searles e in modo generale post-freudiana. Ora, dobbiamo essere coscienti che Freud non considera le cose in termini di frustrazione. D’altra parte, Lacan ha molto contribuito a liberare l’analisi dai dati che fanno riferimento a delle forze d’energia, stimolo-reazione, potenziali e quantum fisiologici, etc. Se noi siamo nel binario della psicanalisi bisogna prendere i fatti per le scorciatoie dei suoi concetti fondamentali e della teoria del significante.

Di Searles, noi tratteniamo una cosa: che l’amore costituisce problema quando non riesce ad essere formulato in domanda, quando non riesce ad essere simbolizzato.

Ora, se noi ci rifacciamo al Seminario Ancora (19) potremmo dedurne che Lacan osserva l’atto d’amore dal lato della realizzazione deI fantasma ($ ◊ a), nella misura in cui, secondo lui, la donna abbordata si trova ad essere la causa del desiderio dell’uomo, l’oggetto a (20). Da li, ne segue una teorizzazione sulla non-esistenza deI rapporto sessuale. Tuttavia, c’é una supplenza che segnerà il passaggio dall’atto alla domanda ; e questo, ci sembra, é una funzione dell’amore.

La funzione della domanda sarebbe da trovare in Lacan nella possibilità di stabilire delle relazioni amorose reciproche tra il soggetto e l’oggetto della mancanza, cioé di stabilire un punta di contatto immaginario, affinché il desiderio trovi infine la sua causa e la sua finalità indefinite. La domanda, in questo senso, stabilisce il detto della mancanza per il non voler avere ciò che l’Altro può dare al suo essere, cioé ciò che egli non ha, ciò che gli manca-a-essere.

Seguendo Lacan per questo binario, amare sarebbe l’atto di domandare un rifiuto dell’Altro su ciò che gli si offre. Cosi, amare é domandare che l’Altro rifiuti l’offerta del niente donato, dato che ciò che gli si offre, ciò che gli si domanda (di rifiutare), e anche ciò che gli si rifiuta, é un niente che, installato nel residuo del simbolico, si riferisce a ciò che per essere Uno ci manca per sempre.

Ciò che ci manca é piuttosto al livello dell’essere e non dell’avere ed é in questo senso che la mancanza causa il nostro desiderio come registro differente del bisogno e del volere. Non si ama colei o colui che si vuole ; si ama colei o colui che si mette al posto di questo Altro mancante. Se l’amore si pone come un’ignoranza del desiderio di essere Uno, possiamo pensare che la domanda d’amore é la formulazione della nostra ignoranza di questo desiderio di essere.

Solamente, ci poniamo la seguente questione: perché la necessità di questa domanda? La mancanza-a-essere non formulata in domanda, non espressa, non simbolizzata, produce angoscia? L’amore sarebbe cosi un modo di sfuggire all’angoscia che tocca l’essere nel suo confronto totale e radicale con il suo vuoto opaco?

Supponiamo che l’angoscia sia dovuta alla presenza di un’esigenza assoluta d’amore (reale, nel senso lacaniano) che non arriverebbe a relativizzarsi e a formularsi in una catena significante in quanto domanda.

In questo caso, constateremmo allora che il solo fatto di non poter amare trascina il soggetto in un rapporto cieco con l’oggetto della mancanza. E il niente che nell’amore si da e si riceve, che quando non arriva a simbolizzarsi o a rappresentarsi tramite un significante… una piccola cosa, un regalo, una parola piena, una lacrima, uno sguardo, un mormorio riesce nella sua sconfitta a costituirsi come l’assoluto.

In questo senso, poter amare (e anche poter ricercare l’amore narcisistico) sarebbe una garanzia nella lotta contro l’angoscia e si esprimerebbe in un processo di diluimento dell’esigenza assoluta d’essere amati in delle piccole prove o in delle dichiarazioni d’amore che interessano una mancanza-a-essere simbolizzata.

German ARCE ROSS. Milano, aprile 1986

Note

1) – Cfr. Berchérie P.: Genèse des Concepts Freudiens, Navarin, Paris, 1983, pag. 388.

2) – Cfr. Searles H.: Countertransference and related Subjets. Selected Papers, International Universities Press, New York and Mark Patterson, England, 1979.

3) – Cfr. Searles H.: Scritti sulla Schizofrenia, Boringhieri, Torino, 1974.

4) – Ibidem, pag. 14.

5) – Ibidem, pag. 37.

6) – Ibidem, pag. 20

7) – Ibidem, pag. 234,

8) – Ibidem, pag. 263,

9) – Ibidem,pag: 263

10) – Ibidem,  pag. 263

11) – Ibidem, pag. 266

12) – Ibidem, pag. 266.

13) – Ibidem, pag. 219.

14) – Ibidem, pag. 210-215   (15) – Noi parliamo di ambivalenza in guesto stato simbiotico ma Searles propone l’idea di uno « sviluppo » della relazione, diviso in fasi dove se ne trova ;una, l’iniziale, che comporta il carattere della preambivalenza.

16) – Cfr. « La psicodinamica della Vendicatività » in Scritti … , op.cit., pag. 168.

17) – Ibidem, pag.584 (18) – Ibidem, pag.596

19) – Cfr. Lacan J.: Il Seminario, Libro xx: Ancora (1972- 1973), Einaudi, Torino, 1983.

20) – Cfr. Ibidem, pag. 71-72.

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